“Davvero lo vuoi sapere?”
E nel momento stesso in cui lei glielo chiede, lui pensa che, no, in realtà non è così importante, anche se non ha fatto altro che fissarle l’occhio destro per tutto il tempo, chiedendosi cosa nasconda là sotto. Cerca di concentrarsi sulla bottiglia, sui dettagli, sull’uomo che sottomette il leone ma nel frattempo alza a sua volta una bottiglia mentre nell’altra mano tiene uno scudo, che a questo punto potrebbe essere tranquillamente un vassoio e allora non ci sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che l’uomo sia in realtà un figurante tipo i centurioni che stanno davanti al Colosseo e dicono “Ah signò, a famo na foto co’sto pischello?”. Che poi, a dirla tutta, sull’etichetta c’è anche scritto ROMA, bello grosso, quasi l’anagramma di AMARO, che infatti sta sopra il nome della città ma sotto la parte in cui si precisa che quel bitter fatto a mano è frutto della ricetta di questo Comm. Dottore Ernesto Baliva. Ma lì poi ricomincia tutto, perché si chiede se il Comm. Dottore Ernesto Baliva portasse una benda sull’occhio e se lo immagina camminare per i corridoi di un ospedale della neo-capitale, con le mani intrecciate dietro la schiena e il codazzo di specializzandi alle sue spalle, uno dei quali, a un certo punto, tra una visita e l’altra – “Buongiorno Signora, come stiamo oggi? Bene, Brava, continui con salassi e clisteri, mi raccomando” – gli chiede perché porti quella benda sull’occhio. Al che, lui si volta con fare un po’ paternalistico concentrato nello sguardo dietro la benda – l’altro, quello buono e glaciale, è l’occhio con cui lancia fulmini – e spiega che proprio mentre stava affinando questa sua famosa ricetta nei boschi dell’Ecuador, armato di ascia e alambicchi, forse vestito proprio come ti immagini che sia conciato un taglialegna, un pezzo di corteccia dell’albero di china che stava cercando di abbattere per puro piacere personale gli si è conficcato esattamente al centro della pupilla, come se l’occhio fosse uno di quei bersagli dove si tirano frecce e freccette. Mentre lo dice, il giovane specializzando ha un’espressione di disgusto, che probabilmente è la causa del sorriso compiaciuto del Comm. Dottore Ernesto Baliva, il quale prosegue quindi nella camminata dicendo che però proprio così gli era venuta l’idea di mescolare la corteccia di china e il ferro ammonio citrato, ottenendo quello che poi aveva chiamato ferrochina. E tutti applaudono.
Doveva essere proprio un duro, questo Comm. Dottore Ernesto Baliva, pensa, completamente assorbito nel suo flusso cerebrale, mentre lei si passa il collo della bottiglia davanti agli occhi con la precisione di un pendolo, tanto che, quando poi parla, la sua voce sembra il suono dello scoccare dell’ora piena.
Dice “Non chiedermi come l’ho perso. Ma chi me l’ha tolto.
FINE
- Photo: Eva Lacroix
- Model: Eva Lacroix
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Acqua, alcol, zucchero, aromi naturali (infuso di Ferrochina), ferro ammonio citrato (E381i), colorante: caramello (E150b).