Il primo romanzo era stato un successo inatteso. Il secondo, una conferma, coronata anche da svariati premi letterari. Il terzo, però, quasi a smentire quel vecchio detto per cui non c’è due senza tre, proprio non gli veniva. Intendiamoci, l’idea c’era ed era anche buona. Solo che, dopo aver cominciato a scrivere le prime parole, le cancellava tutte, lettera per lettera, toccando il tasto in alto a destra ritmicamente, come uno di quei picchi di legno. Quindi, quel giorno, spezzando una routine che gli sembrava odiosa e stupida, uscì dallo studio che aveva inutilmente affittato per concentrarsi meglio e si mise a sedere all’esterno di un bar a caso, ordinò da bere una cosa a caso e cominciò a fissare un punto a caso. Riportando gli occhi sul tavolo per tentare di centrare il posacenere, si accorse di aver meccanicamente aperto l’agenda degli appunti. Lasciò che la penna andasse da sola, senza un motivo né una direzione. Produsse alcuni disegni privi di senso – in quelle cose era un cane – e scrisse le parole ‘tavolo’, ‘specchio’, ‘cenere’, ‘Maffei’, ‘Amaro’. Qui si soffermò. Maffei. Bevve un sorso e sentì quel sapore di finocchietto selvatico che gli ricordò qualcosa della sua infanzia. Gli ricordò anche della sorpresa di scoprire che ‘maratona’ significava in origine ‘pianta di finocchi’, perché la piana della famosa battaglia tra greci e persiani – dopo la quale Filippide si mise a correre come un dannato per comunicare agli Ateniesi la vittoria – era un trionfo di campi di finocchi. Aggiunse alla sua lista di parole interessanti ‘finocchi’ e ‘battaglia’.
A un tratto ci fu un rumore assordante, come di uno schianto. Come tutti, si voltò verso la strada, dove in effetti c’era appena stato un incidente. Il ragazzo delle consegne della pizzeria dell’Egiziano stava litigando animatamente con un motociclista tedesco che, come poi qualcuno avrebbe spiegato, si era imbarcato nell’impresa di un tour dell’Europa su due ruote. Erano entrambi in contromano e quindi non si capiva di chi fosse la colpa. Quell’immagine lo rapì e scappò nello studio, senza nemmeno finire l’amaro, deciso a cestinare tutto ciò che aveva scritto fino a quel momento.
FINE
- Photo: Lorenzo Piano + Marjana Vangjeli (PxLPhoto)
- Model: Kain Malcovich
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Infuso di finocchietto, alcol, zucchero, acqua.