Entrano in due e si appoggiano al bancone, affianco a un altro ragazzo, che era lì da prima e li saluta con un lieve cenno della testa, al quale entrambi rispondono. Sembrano tutti e tre assorti in un pensiero comune e desolante, tanto che li potresti caricare su un furgone e depositarli nella gabbia di uno zoo, magari una di quelle con il paesaggio del luogo di provenienza ricreato per favorire la contestualizzazione da parte dei visitatori – in questo caso, un bar, quindi – e nessuno avrebbe niente da dire. Mentre ci pensa, al barista scappa un sorriso ma, appunto, nessuno dice niente, quindi, a un tratto, chiede ai due nuovi entrati cosa prendono. Uno dei due, quello che gli ricorda un tizio famoso che ha visto una volta su un cartellone pubblicitario, alza lo sguardo e scuote la testa, come se non avesse capito. “Cosa prendete?”, ripete il barista. Lui guarda alla sua sinistra, scavalcando con gli occhi l’amico, e dice “quello che ha preso lui”. Al che, il barista gli fa notare che lui non ha ancora preso niente e il tizio che sembra uno famoso dice “Ah.”, così l’amico interviene e dice a quello che c’era prima “Senti, cosa prendi?”. “Non so, quello che avete preso voi”, risponde, soprappensiero, senza scomporsi.
“Ma noi non abbiamo preso niente.”
“Va bene, allora non prendo niente neanche io”.
“Io però ho bisogno di bere qualcosa”, dice Raoul – perché il barista ha deciso che si chiama Raoul, come quello del pezzo dei Tears for Fears che fa Raoul, Raoul, Raoul and the King of Spain e lui si è sempre chiesto chi cavolo sia Raoul ma è anche sempre stato troppo pigro per andare a cercare.
“Va bene – risponde Leroy, cioè il suo amico, perché il barista ha deciso che nella vita fa il ballerino come Leroy Johnson di Saranno Famosi – Allora prendiamo tutti quello, se lui è d’accordo”, e fa un cenno al tipo che stava già lì, per il quale il barista ancora non ha deciso un nome ma che alza le spalle, come a dire che a lui va bene qualsiasi cosa. Quindi, sul bancone compare questo amaroTrentino, dell’Antica Erboristeria dott. Cappelletti, che – come si legge sull’etichetta – esiste dal 1909. Appena il barista lo versa nei bicchieri, si sente subito il profumo della menta e della liquirizia, anche se dentro la liquirizia non c’è ma la menta sì, piperita, e pure la genziana, l’asperula odorosa e la centaurea, come dice, appunto, il barista.
“Centaura?”, esclama all’improvviso Raoul, con un’espressione che proietta nell’aria il processo mentale per cui una motocicletta guidata da una donna gira senza sosta sul fondo della bottiglia.
“No – dice un po’ spazientito il barista, che si volta per rimettere a posto la bottiglia, prima di girarsi, appoggiare le mani al bancone, cosicché la sue spalle incassano metà della testa, e chiedere, guardandoli tutti e tre, che stanno fissando ancora un nulla condiviso – Sentite un po’, ma che vie è successo? Vi è morto il gatto?”
Raoul alza gli occhi terrorizzato e tocca un braccio di Leroy. “Hai visto? Si è già sparsa la voce” ed entrambi corrono fuori. Raoul e Leroy, che non si chiamano così ma sono cugini di secondo grado da parte di madre, avevano accettato di prendersi cura di Strogoff, il gatto Peterbald dell’industriale Menotti, che gli era affezionatissimo, ma in un momento di distrazione lo avevano perso di vista e lui si era gettato dalla finestra del 14esimo piano, dimostrando plasticamente come quella storia delle sette vite sia una grandissima fesseria. Quando sono entrati nel bar, stavano cercando una soluzione, che ancora pare gli sfugga, vista la fretta con la quale sono scappati.
Il barista, tutto questo non lo sa. Mortificato, guarda il terzo, cioè il primo, cioè l’unico rimasto, e sembra volersi scusare, dice che lui non lo poteva sapere. Al che, Tom Cruise in quel film coi samurai – perché alla fine ha deciso di chiamarlo così – solleva gli occhi, per poi riabbassarli, e gli dice “Sono cose che capitano”.
FINE
- Photo: Brandoqulo
- Model: Luis Sal, León Sal, Martín Sal
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Asperula odorosa, menta, centaurea, genziana.