“E io, invece, penso proprio che tu lo sappia”.
Mentre questo tizio che non ha mai visto prima sembra squadrarlo per capire se stia mentendo a proposito di qualcosa di cui lui non sa niente, Renato si dice che è stato molto stupido da parte sua seguirlo all’interno del bar e non approfittare della fessura sotto la serranda per scivolare fuori nel momento stesso in cui ha sentito l’inconfondibile rumore dello svolgersi del metallo intorno all’albero di movimentazione. Questi termini li conosce bene, perché lui vende dispositivi meccanici di chiusura. O meglio, lavora in un negozio che li commercializza. Conosce tutti i prodotti per rendere inaccessibile un locale. Ma, ora come non mai, vorrebbe piuttosto essere il massimo esperto mondiale su quelli per favorire la fuga.
“Mi sembra che tu non mi stia ascoltando”, gli dice il tizio, passandosi sotto il naso il bicchiere. “Ma io ho pazienza. Abbiamo tutta la notte”. Poi aggiunge “Almeno, io ho tutta la notte. Tu, non so”.
Come ipnotizzato dal movimento del bicchiere, Renato ha un mezzo mancamento ma si riprende subito, puntando gli occhi sulla bottiglia. Avendo un’ottima vista, riesce non solo a leggere la scritta ‘Gariga’ ma anche ‘di Murgia’. E poi, perfino quella sotto, che dice ‘elisir di 43 erbe selvatiche, dall’intenso profumo di timo serpillo’. Quindi, per non farsi sopraffare dall’inquietudine che quella situazione gli suggerisce, cerca di ricordarsi dove si trovi la Murgia e la colloca, correttamente, tra la Puglia e la Basilicata.
“Renato, Renato, Renato…come faceva il resto della lettera?”, chiede il tizio a un uomo di un metro e novanta almeno, che sta come di guardia alla serranda. Quello scuote le spalle.
“Ah, sì, ora ricordo…se non mi baci non vivo più…così carino così educato…”
“Ma…”, sussurra Renato, “quella è una canzone”.
Il tizio ride e guarda lo scagnozzo. “Hai sentito cosa dice Renato? È una canzone…”. Poi salta giù dal bancone e va a un millimetro dal naso di Renato. “E di chi è questa canzone…Renato?”
“La cantava Mina…”
“La cantava Mina…Certo che la cantava”, si gira su se stesso. Poi lo guarda e gli fa “Senti, Renato. Io non ce l’ho con te. Però tu adesso mi dici, per cortesia, dove è finita Mina, dove vi siete conosciuti e perché la mia donna ora non si trova più da nessuna parte”.
“La tua donna?”
“Sì, Mina. La mia donna” e gli schiocca più volte le dita davanti alla faccia. “Perché? C’è qualche problema?”
“No”, sussurra Renato.
“Benissimo”. Si risiede sul bancone. “Nemmeno per me. La notte è lunga, Renato”.
FINE
- Photo: Laura Bianchi
- Model: Gabriele La Ruina detto Caleb
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Timo selvatico, 43 erbe aromatiche o amaricanti spontanee, zucchero, alcol buongusto, acqua demineralizzata.