Comincia con questa scommessa, che sta a metà strada tra il circo e la fisica, che sono poi la stessa cosa. Praticamente, entra una tipa, una di quelle un po’ così, vestita in quel modo anni ’70, che la vedresti bene in un telefilm tipo Charlie’s Angels o roba del genere. Entra, guarda gli scaffali come se fossero le colline intorno alla città e dice “Voglio quello”. Al che, il barista si volta e dice “Questo?” E lei, “Sì, quello”. E poi, “Però non lo pago”.
“Ah”, fa il barista.
“Sì”, dice lei, “non lo pago”.
“E come mai?”
“Perché ora facciamo una scommessa, basata su seri principi di fisica”.
“Tipo?”
Guarda la vetrina dove stanno le brioches, picchietta con un dito la superficie e fa “Secondo i miei calcoli, posso stare dentro questa vetrina, con tutte le brioches più la bottiglia, senza che niente debba essere spostato”.
“Ah”.
“E dirò di più, senza che esca nemmeno un lembo di questa giacca che indosso”.
Il barista ci pensa e tace. Si rigira la bottiglia tra le mani e legge l’etichetta, che dice Settemmezzo, e si ricorda di quando giocava a carte con Tappo, Flanella e Zanzibar e ogni volta la partita cominciava con uno che voleva scommettere qualcosa. Se la rigira tra le mani e si accorge che le mani gli sudano, perché c’è qualcosa nell’idea stessa della scommessa che gli accende un fuoco, e tutti lo sanno, anche la moglie, che infatti lo tiene d’occhio. Quando c’è.
Per pensare con maggiore lucidità, si versa un goccio e cerca di andare lontano con la testa, sulle spiagge dell’Adriatico, sotto l’ombra dei chinotti siciliani, tra i carciofini violetti di San Luca, e in ogni posto in cui si ritrova con la mente, si vede immancabilmente questa ragazza di fronte, in costume o in tenuta da trekking, che gli dice scommettiamo. Su qualsiasi cosa. Sulla quantità di sale nell’acqua del mare. Sul numero di chinotti che pendono dai rami dell’albero. Su qualsiasi cosa. Su tutto. Poi sbatte il bicchiere e urla “Va bene!” e tutti si voltano. Allora, lui ripete “va bene”, però più piano. Lei gira intorno al bancone, afferra la bottiglia senza nemmeno fermarsi e arriva davanti alla vetrina. Chiude gli occhi, poi posiziona la bottiglia in un punto preciso e qualcuno pensa che quello sia un grande segno di intelligenza, perché l’intelligenza sta nella capacità di visualizzare la soluzione senza doversi imbarcare in una serie di esperimenti. Quel qualcuno è il barista, perché l’ha letto in un libro sui corvi. Nel frattempo, si è creata una bella folla e il suddetto barista si gratta il mento e, in fondo, è anche lui curioso di vedere se la tipa anni ’70 ce la fa, solo che, a un certo punto, la folla si apre e compare la moglie del barista, che, quando la ragazza ormai sta per mettere un piede tra i panini e le brioches, guarda il marito con un misto di severità ed esasperata commiserazione e dice “Lo sapevo”.
FINE
- Photo: Fred Mungo
- Model: Fred Mungo
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Carciofo violetto di San Luca, chinotto, acqua di mare.