Non si sarebbe mai voluta spingere a tanto ma la cosa andava chiarita. Così, prima di uscire di casa, si era messa solo il rossetto e aggiustata senza troppa convinzione il septum in modo che quantomeno apparisse simmetrico, dal momento che sapeva quanto lui fosse fissato con queste cose ma sapeva anche che l’anello si sarebbe spostato comunque. Davanti allo specchio, aveva fatto il possibile per camuffare le occhiaie, poi si era infilata quella pelliccia sintetica che avevano comprato insieme alla bancarella dell’usato e si era lasciata alle spalle la porta, chiudendola con una doppia mandata, perché ultimamente c’erano stati dei furti nel condominio e la cosa, sebbene non la preoccupasse poi molto, le aveva fatto prendere meccanicamente l’abitudine.
L’autunno disegnava ombre diverse e si mangiava centimetri di luce ogni giorno che passava. Ci pensava mentre camminava per strada, ignorando i commenti famelici dei muratori e gli sguardi analitici delle ragazze, che sembravano voler indovinare quante macchie ci fossero su quel capo animalier del quale andava fiera, perché bisognava saperlo portare e lei aveva dimostrato grandi capacità in merito. Lo stile non le mancava. Lo diceva sempre anche lui, che ora probabilmente lo ripeteva a qualcun’altra, poveretta, qualche stupida insicura incapace di resistere a quel suo modo di appoggiarsi al muro e al tono magnetico di una voce spezzata solo dalle teatrali boccate di fumo che diventavano cerchi perforati dal vuoto. Si pensa sempre alla circonferenza ma mai a quello che la circonferenza abbraccia, aveva mormorato a se stessa entrando nel loro locale di riferimento, dove era certa di trovarlo. Senza chiedere il permesso, aveva afferrato la bottiglia e i bicchieri sul bancone, facendo cenno al barista che avrebbe saldato dopo, tanto di lei ci si poteva fidare, e si era diretta verso il corridoio scuro che conduceva al bagno, un luogo talmente nascosto che potevi immaginare non esistesse nemmeno. Si era messa lì, con la schiena appoggiata alla parete e – ignorando i divieti – strisciandone la capocchia contro la parete stessa, con un fiammifero aveva dato fuoco alla punta di una sigaretta. Solo in quel momento, casualmente, aveva letto l’etichetta della bottiglia. “Amaro Lumìa”. Le era uscito dalla bocca, quando credeva di averlo solo pensato, prima di riempire i due bicchieri, dai quali per un attimo si era diffuso un profumo di limoni che faceva pensare alla Sicilia, dove erano stati in vacanza ma non ricordava quando. “Non importa”, aveva detto, ancora una volta involontariamente, a voce bassa. Poi c’era stato un rumore. Aveva scommesso che sarebbe spuntato lui. E aveva vinto.
Aveva indovinato anche sulla sua espressione, che era esattamente quella che si aspettava. Sapeva anche che avrebbe sorriso per dissimulare la sorpresa. E che si sarebbe acceso una sigaretta. E che, appoggiandosi al muro, avrebbe pronunciato la frase – e infatti lo aveva perfettamente doppiato, almeno a mente – “È un po’ che non ci vediamo”.
Sapeva tutto. Sapeva troppo. Ecco perché all’improvviso aveva capito che lui era solo un cliché e aveva cambiato radicalmente i suoi piani, porgendogli il bicchiere e dicendogli “Brindiamo”.
“A cosa?”
“Alla fine”.
FINE
- Photo: Rosa Lacavalla
- Model: Simona Saggion
- Copy: Filippo Dionisi
- Location: Caffè Rubik
Acqua, alcol, zucchero, infuso di erbe, aromatiche, aromi naturali, infuso di scorza di limoni siciliani.